Articolo tratto da JobInTourism.it
Abbiamo incontrato Giuseppe Rutigliano, service instructor a Les Roches Crans-Montana, che dalla sua esperienza ventennale racconta cosa serve ai professionisti del futuro
Di Mariangela Traficante, 1 Marzo 2021
Qual è il futuro nel mondo dell’ospitalità? C’è solo una strada: investire nella formazione. Lo afferma con convinzione Giuseppe Rutigliano, oggi service instructor presso la rinomata università di gestione alberghiera Les Roches Crans-Montana, in Svizzera, ma con una lunga carriera di professione e studi alle spalle, partita dall’Italia. Pugliese di Barletta, Rutigliano ha iniziato la sua formazione nell’ospitalità non lontano da casa, all’istituto alberghiero I.P.S.S.A.R. di Molfetta. E da lì non si è più fermato, migliorandosi e mettendosi costantemente alla prova tra catene di lusso e ristorazione stellata in Italia e soprattutto all’estero. E non ha dubbi sull’importanza della formazione per vincere in competitività, non basta più quella puramente tecnica. Sono sempre più importanti anche le soft skills: ovviamente da sole non sono sufficienti, ma sono un plus ormai irrinunciabile, dal problem solving all’empatia. “Naturalmente poi è fondamentale studiare le lingue, e fare esperienze all’estero. Sembra scontato dirlo ma occorre investire su se stessi, essere disposti a fare sacrifici”, racconta, anche forte della propria esperienza internazionale.
Empatia, trasversalità, gratificazione dei collaboratori
Bisogna investire su se stessi, ma inevitabile pensare agli ostacoli che frenano e uno di questi è senza dubbio, almeno in Italia, la scarsa gratificazione: “Spesso i sacrifici personali non sono ripagati dalle remunerazioni adeguate”.
Ecco dunque che il rischio è anche rimanere indietro nella competitività, soprattutto ora che sempre più dall’Oriente i giovani stanno scoprendo il mondo alberghiero per costruirvi le proprie carriere. Spiega infatti Rutigliano che, ad esempio, Les Roches conta circa 90 nazionalità, con un forte accento di studenti asiatici, che si riscontra in generale un po’ in tutte le scuole alberghiere svizzere. “Arrivano non solo dalla Cina, ma anche da Paesi come Vietnam, Cambogia, Malesia, India. E d’altronde non è un caso che oggi il rapporto delle aperture di Hotel 5 stelle tra Europa e Asia è di 1 a 5”.
E scuole di questo tipo sposano in fondo anche quella esigenza di trasversalità sempre più richiesta: non formano solo sulle competenze tecniche, ma anche su ambiti come digital marketing, economia, revenue, imprenditorialità, tanto che non è raro che i laureati vadano a lavorare in altri settori, come alta moda o in quello finanziario, e non unicamente in ambito alberghiero.
Ecco dunque che Giuseppe Rutigliano, grazie alla sua esperienza ventennale, traccia alcuni dei trend da tenere d’occhio nel prossimo futuro.
“Ci sarà una distinzione ancora più netta tra l’alta gamma e il resto dell’hôtellerie, in un allargamento della forbice che è già iniziato. Si nota già una certa standardizzazione anche in diversi casi di catene d’hotel a 4 stelle, mentre il servizio nei 5 stelle lusso viene portato a livelli sempre più alti. Dunque in futuro potrebbe esserci sì meno offerta, ma sarà sempre più qualificata, e le strutture di alto livello cercheranno personale altamente formato e specializzato”.
Investire in questi settori dunque potrà portare un vantaggio per chi desidera una carriera nel mondo dell’ospitalità: “In generale alcune figure professionali meno qualificate tenderanno a scomparire, penso ad esempio ad ambiti come la reception, il room service, l’housekeeping, dove già prima del Covid si assisteva ad un incremento della robotizzazione e automazione, la cosiddetta Intelligenza Artificiale-AI, (con diversi esempi nel mondo come l’Hotel Jen a Singapore, il brand Crowne Plaza e l’hotel firmato Alibaba, Flyzoo, in Cina). Ma ciò non accadrà o per lo meno solo in maniera irrisoria nei 5 stelle lusso, che manterranno sempre il plus dei rapporti umani richiesto dalla clientela, con personale qualificato. E questo mi porta a segnalare un altro elemento importante per il prossimo futuro: l’empatia, tanto più fondamentale nel periodo che stiamo vivendo e che ci ha visto vivere a distanza e spesso senza poter essere operativi in hotel. Le aziende e compagnie alberghiere che nel corso della pandemia si sono dimostrate più attive e attente nei confronti dei propri dipendenti vedranno meno turnover, perché chi lavora lì sente di essere tenuto in considerazione”.
Certamente mai come in questo lungo tempo di crisi i professionisti si sono trovati a interrogarsi sulla propria attività, sulle proprie competenze e scenari futuri. Ed ecco dunque che, come spiega Rutigliano, si è fatto avanti un fenomeno interessante: “Negli ultimi tempi sono nate numerose piattaforme di mentoring dedicate al settore, in cui i partecipanti si aiutano a vicenda e in cui si agisce intorno al tema della crescita professionale”.
Importante formarsi, specializzarsi, ma anche essere capaci di guardare oltre i puri elementi della propria attività: occorre una visione più trasversale, per dirla con un esempio: il personale di sala non deve occuparsi di vendere solo un vino o un menu degustazione ma deve pensare che può vendere anche una camera o una sala meeting. F&B, marketing and sales, dunque, si possono, anzi si devono incontrare, ma questo vale anche per altri comparti, come l’housekeeping.
Parola d’ordine: fidelizzare
Cosa devono fare dunque gli hotel per ripartire? “Fidelizzare gli ospiti, non c’è momento migliore di questo per farlo, offrendo per esempio gratuitamente servizi come il minibar, il parcheggio, un upgrade, lasciare delle amenities in camera.
I clienti vanno coccolati e fatti ancor più sentire a casa loro”.
E la fidelizzazione vale anche sul fronte del personale: se un dipendente si sente valorizzato e gratificato, anche dimostrando che gli si dà fiducia, dà il meglio di sé, e questo contribuisce a farlo restare in azienda, diminuendo il turnover.
Cosa devono fare quindi i manager verso i propri collaboratori?
“A livello alberghiero e non solo, sarà necessario responsabilizzare ancora di più il personale ed evitare il micromanagement. Il micromanagement è uno stile di gestione in cui il manager osserva o controlla eccessivamente il lavoro dei suoi collaboratori. L’eccesso di controllo è dannoso per il buon funzionamento dell’azienda e causa una perdita di fiducia dei dipendenti nel rapporto con i loro superiori, che ha un impatto negativo sulla loro motivazione, iniziativa e quindi produttività.
Come evitare il micromanagement? Delegando l’autorità ai propri collaboratori, assumendo le persone giuste, comunicando al meglio le aspettative e obiettivi ai subordinati, dando fiducia e implicando il team nel processo decisionale”.
Il profilo – Giuseppe Rutigliano
Nato a Barletta, Giuseppe Rutigliano ha iniziato nella sua Puglia a formarsi nel settore, diplomandosi all’Istituto alberghiero I.P.S.S.A.R. di Molfetta.
Fin da giovanissimo è partito all’estero per lavorare in hotel di lusso e ristoranti stellati Michelin a Londra (Brown’s Hotel, Rocco Forte Hotels), in Francia (Château de Bagnols), in Spagna (Relais & Châteaux El Castell de Ciutat). Nel 2008 ha conseguito il Diploma di gestione alberghiera presso l’International School of Hotel Management Les Roches Marbella. Dopo un’esperienza di Captain al The Breakers Palm Beach in Florida, Rutigliano è approdato in Svizzera (anche grazie a un evento di recruiting firmato Job in Tourism) al Kurhaus Cademario Hotel & Spa (Ticino Hotels Group). Il manager conta inoltre due certificati professionali di sommelier e parla cinque lingue straniere. È stato anche Outlets Manager al Movenpick Hotel Lausanne (oggi gruppo Accor) e dall’agosto 2019 insegna a Les Roches Crans-Montana Global Hospitality – Sommet Education in qualità di Service Instructor.
Fa parte anche di Les Roches Alumni Association.
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